La città di Lamu, posta sull’isola omonima, è l’insediamento Swahili più antico e meglio conservato in Africa Orientale. Sito UNESCO Patrimonio dell’Umanità, Lamu è nota in Occidente sin dal 1400. 
Durante il suo periodo d’oro, quello Omanita, iniziato alla fine del XVII secolo e terminato a metà del 1800, Lamu ha esercitato una decisiva influenza religiosa, culturale, artistica ed economica sull’intera regione.
La sua fiorente economia, basata sul redditizio mercato degli schiavi, portò alla costruzione di grandi palazzi di pietra corallina, caratterizzati dalla presenza di impressionanti portoni di legno intagliato in un tripudio di motivi Arabi, Persiani, Swahili, e Indiani. 
Eretti uno accanto all’altro grazie al lavoro degli schiavi, questi edifici caratterizzano il labirinto viario della città.
Nel 2009 ho trascorso due mesi a Lamu, sopraffatto dal desiderio di poter violare, almeno con lo sguardo, quelle imponenti pareti di pietra corallina: essere in grado di gettare un’occhiata, attraverso il varco dei portoni, alle scale, logge, corti e stanze dove si è svolta la vita forzata di antiche maestranze e quella libera e agiata dei proprietari; giungere a coglierne empaticamente l’intimità carica di dolore, strazio, pena o gravida di ostentazione, potere, prepotenza.
Invece quei portoni sono rimasti sempre ostinatamente chiusi, come mute “sentinelle” poste a difesa di esistenze passate e contemporanee. In compenso, e senza riserve, hanno offerto al mio sguardo la contemplazione della loro intricata, originale, antica bellezza. 
Nel dedalo dei vicoli dove si aggira la folla urlante dei bottegai, dei bambini, dei perdigiorno, degli improbabili procacciatori, dei turisti spaesati, degli animali da cortile, degli innumerevoli asini (il solo mezzo di trasporto terrestre per merci e persone), tra quei vicoli ho realizzato il mio lavoro sotto lo sguardo perplesso di uomini e bestie: circa trenta disegni a frottage di formato diverso.
Ho evitato di raffigurare oggettivamente quelle porte e la complessità degli intagli. Piuttosto, il mio desiderio, la mia curiosità, la mia ammirazione, l’emozione estemporanea della scoperta, si sono coagulati sulla superficie di comuni fogli di carta da pacchi. 
Per la sue caratteristiche di immediatezza e velocità esecutiva, più tattile che retinica, il frottage si è rivelato il mezzo di gran lunga più adatto al mio scopo, un esperimento con la storia locale (quanto meno con un suo frammento) non troppo meditato e portato avanti in assoluta povertà di mezzi.























installazione (disegni frottage, scatole sagomate, video proiezione). Pinacoteca Civica F. Podesti, Ancona     

photo © Paolo Zitti

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